Lectio,  S.Paolo

S. Paolo

IL TERZO VIAGGIO MISSIONARIO TRA PROVE E CONSOLAZIONI.

IL TERZO VIAGGIO
Inizia fra il 53 e il 54 e lo si può considerare un viaggio di consolidamento delle comunità già fondate, per «confermare nella fede tutti i discepoli» (At 18,23).
Innanzitutto Paolo fa sosta a Efeso, dove resta tre lunghi anni; la sua predicazione è estremamente feconda e manda in crisi il culto locale della dea greca Artemide, con la conseguenza che il commercio di prodotti sacri a essa collegati tracolla; fomentata dagli orefici del luogo, nasce una sommossa popolare da cui Paolo esce illeso ma si vede costretto a partire per evitare ulteriori tumulti; in ogni caso, la comunità ormai solidamente fondata, viene lasciata nelle mani fidate del discepolo Timoteo.
Il viaggio riprende, dunque e Paolo torna a Corinto, dove resta per tre mesi, poi a Troade, dove compie uno dei rari miracoli a lui attribuiti da Atti: ridona la vita a un ragazzo, Eutico, che era caduto dalla finestra durante una celebrazione della Cena cristiana. Da Troade passa a Mileto, dove terrà un commovente discorso di addio in cui prefigura le proprie future sofferenze:
«Ora ecco che, avvinto dallo Spirito, sto andando a Gerusalemme, non sapendo ciò che là mi potrà succedere. Soltanto so che lo Spirito Santo di città in città mi avverte che mi attendono catene e tribolazioni. Ma non do alcun valore alla mia vita…». (At 20,22-23)
Questo tono si ritrova più volte nelle stesse lettere dell’apostolo, quando parla della propria totale dedizione a Cristo e alla missione evangelica.
Da Mileto, poi, Paolo muove per Gerusalemme, facendo tappa a Cesarea, dove Agabo, un profeta della comunità cristiana, gli predice l’arresto e la prigione, e la comunità in lacrime lo prega di non tornare nella capitale d’Israele, dove lo attendono per processarlo. La risposta di Paolo è netta anche questa volta: «Perché piangete così e mi spezzate il cuore? lo sono pronto non solo a essere arrestato, ma anche a morire per il nome di Gesù».

Anche questa volta approfondiamo gli episodi della vita di Paolo legati a due luoghi importanti: Efeso e Mileto
1) EFESO (At 19)
A EFESO, PRIGIONIA E CONDANNA A MORTE?
L’esistenza di Paolo a Efeso è stata molto più minacciata di quanto il racconto degli Atti potrebbe far pensare.
Se avessimo la certezza che la lettera ai Filippesi è stata scritta a Efeso – secondo l’opinione più diffusa oggi – avremmo
un’eccellente testimonianza di un soggiorno di Paolo in prigione nella capitale dell’ Asia. A leggerla, questa cattività
non indebolisce in nulla il suo dinamismo apostolico: egli vi vede al contrario una nuova occasione per far conoscere
Cristo e il Vangelo (Fil l,12s). Sa che tutto questo può realizzarsi «sia che io viva sia che io muoia» (1,20b), ma rimane
disponibile per proseguire il suo compito apostolico…
anche se ha «il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo» (1,23).
Ma l’Apostolo allude ad altri tormenti. La frase «se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Efeso contro le
belve, a che mi gioverebbe?» (1 Cor 15,32) è ancora spesso interpretata come una metafora, ma non è così dell’inizio
della seconda lettera ai Corinzi: «… la tribolazione che ci è capitata in Asia ci ha colpiti oltre misura, al di là delle nostre
forze, sì da dubitare anche della vita. Abbiamo addirittura ricevuto su di noi la sentenza di morte per imparare a non
riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti. Da quella morte egli però ci ha liberati e ci libererà, per la
speranza che abbiamo riposto in lui, che ci libererà ancora» (2 Cor 1,8-10).
Il vocabolario di questo passo ci obbliga a prendere questa condanna in senso proprio: Paolo è sfuggito per poco a
un’esecuzione capitale. E questi avvenimenti spiegano le confidenze che egli fa un po’ più avanti, evocando la sua
esperienza della vita apostolica: «Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non
disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la
morte di Gesù (2 Cor 4,8-10)
Da che cosa fu generata questa persecuzione verso Paolo?
• La rottura con la sinagoga e il conseguente “sfratto”: anche la piccola comunità di Efeso fu coinvolta con lui
• Gli esorcisti ambulanti che usano il nome di Gesù per i propri scopi ma tutto questo si rivolge contro di loro
• L’aver messo in questione l’economia locale, non con proclami e frasi fatte, ma con gesti concreti compiuti dai
credenti.. Alcuni pochi signori del mercato condizionano una folla intera!
Illudono le persone circa il loro stesso bene, ma hanno paura di chi è veramente convinto del contrario.
2) MILETO (At 20, 17-38)
E’ un bellissimo discorso di addio, in cui si coglie la ricchezza umana, affettiva e spirituale di Paolo.
Per una meditazione del discorso di Mileto nel suo insieme, suggerisco tre piste:
– l’umanità di Paolo. I grandi uomini religiosi non di rado vengono ammirati per quanto hanno fatto, per quanto hanno
detto, per la loro capacità di distinguersi dalla massa, di essere superiori alle vicende dei comuni mortali. Paolo non è
così. È un uomo assai semplice: ha il suo lavoro manuale che gli permette di vivere e di inserirsi nella vita ordinaria
della gente. Così facendo non pesa su nessuno e offre la preziosa testimonianza La sua umanità si esprime anche nella
fragilità, di cui questo discorso rivela commoventi aspetti. Un uomo che non ha tutto chiaro, che ha faticato a trovare la
sua via, che ha dovuto scontrarsi con difficoltà, imprevisti, con la durezza del prossimo che l’ha fatto soffrire.
Riassumendo la sua missione agli anziani di Efeso, non celebra le molte vittorie, parla della sua fatica, della durezza
della sua vita, della paura, del pianto: si mostra un uomo affettivo, vicino alla storia di tante persone provate dalla vita.
– La chiarezza e linearità di Paolo. Egli ha una profonda consapevolezza di essere uno strumento della grazia. Non è
lui il protagonista, non crea mai confusione tra sé e il Signore nel trattare con la gente. È un uomo dallo sguardo lucido
su di sé e sugli altri: non si crea aspettative poco realistiche, non si considera uno che ha cambiato la gente una volta per
tutte. Conosce la fragilità di certi cammini di fede, di certe entusiastiche adesioni al Vangelo.
Vede già profilarsi una certa inutilità del suo lavoro.
Sa prendersi le sue responsabilità, ma riconosce quelle degli altri, non si fa scrupoli inutili come quelli che credono di
essere sempre responsabili di tutto, che si fanno carico di tutti. Delega incarichi, è capace di andare altrove, sa
benissimo che ciascuno ha la sua libertà. E’ un uomo pieno di sentimenti affettuosi, ma anche estremamente chiaro nel
dare a ciascuno il suo.
– La fede di Paolo. Il discorso agli anziani della comunità di Efeso è comprensibile solo in un’ottica di fede. Paolo vive
da servo del Signore, è in costante ascolto di quello che lo Spirito gli dice, la sua missione nasce dall’incontro con Gesù
e vuoI portare la gente a incontrare Gesù.
Nell’ottica di fede, anche le prove, le fatiche, gli insuccessi, le lacrime trovano un significato: è evidente che solo una
fede alimentata dal continuo riferimento al mistero pasquale di Gesù può portare a questa convinzione.
La sua affermazione conclusiva ci mostra l’orizzonte in cui si muove l’apostolo. Se c’è più gioia nel dare che nel ricevere
è perché la vita divina ricevuta per mezzo dello Spirito Santo anima tutta la persona di Paolo: la gioia di cui si parla è
infatti la beatitudine evangelica, non certo la sensazione di essere un uomo a cui tutto è andato per il verso giusto.
Paolo sarebbe stato comunque una persona che avrebbe lasciato una traccia nella storia: troppo intelligente, determinato
e capace di leadership per rimanere un anonimo rabbi come tanti. Il fatto è che tutto questo, senza disprezzarlo, lui l’ha
però messo da parte: ciò che emerge a Mileto è la grande passione per «il vangelo dell’amore gratuito di Dio» Considera la sua vita meritevole di nulla, eppure è un uomo felice perché una vita consumata per il Regno non va perduta, fiorisce fin d’ora, nemmeno «le catene e tribolazioni» e la stessa morte possono intaccarla.

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