La Via

La Via 28 febbraio

NON BASTA RESPIRARE PER VIVERE (Lc 13,1-9)

Siamo saturi di informazione.
Eppure continuiamo ad averne.
I fatti vengono catapultati nei nostri occhi, nella nostra mente con assiduità, rischiando il rigetto, se non altro l’assuefazione.
È come se non ci interpellassero più.
A volte ci incuriosiscono, o ci inorridiscono.
Ma spesso, molto spesso, non ci riguardano.
Così era, in misura minore, anche ai tempi di Gesù.
Gli si avvicinano alcuni abitanti di Gerusalemme e gli riportano i fatti accaduti. Fatti tremendi. Disgrazie improvvise.
E come un fulmine, le sue parole lapidarie: “Se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo”
Non so se qualcuno allora abbia fatto gli scongiuri.
Se l’ha fatto, ha dimostrato ancora una volta di non capire.
Per Gesù i fatti che accadono sono segnali, anzi appelli alla nostra conversione.
Ci riguardano, anche se non capitano a noi.
Viene in mente il Vangelo di domenica scorsa e la scelta di Gesù di non restare sul monte, chiusi nella torre d’avorio, ma di scendere in pianura, coinvolti nella vita, contagiati dalla storia.
A volte infatti si è ciechi, si è sordi.
Si è addormentati e non si coglie il vero messaggio che parla, a volte grida, dai fatti della storia e ci chiama a conversione.
I fatti concreti sono abitati da questo appello, da questo richiamo.
Per chi crede essi non sono semplicemente occasioni di cronaca, di dibattito o di salotto.
Ci vorrebbe quella curiosità spirituale, quella capacità di lasciarsi interpellare che caratterizzavano Mosè.
Bella la prima lettura che racconta il suo volere andare a vedere perché il roveto ardente non si consumava.
Mosè non è fagocitato dal suo mestiere, non si fa seppellire da ciò che sarebbe urgente, ma osserva ciò che sta oltre, si interroga su ciò che vede.
Si mette in cammino per capire il senso di ciò che sta avvenendo.
Non registra semplicemente i fatti, gli eventi, ma cerca di interpretarli.
Questa abitudine ad interrogarsi mi piace molto.
Credo che sia condizione decisiva anche per interrogare Dio (e Mosè lo fa) e così uscire da quel torpore interiore che narcotizza noi stessi e le situazioni in cui viviamo.
Il tempo a nostra disposizione per vivere così ci viene continuamente donato da Dio, come al fico della parabola.
Occorre portare frutti.
Ma per farlo è indispensabile non essere dei sedentari dello spirito.
Don Umberto