Terrasanta adulti
TERRA SANTA e LIBRO SANTO
Torniamo al Pentateuco
Questi cinque tomi (è il significato della parola greca pentateuco) formano un’opera unica. Ma da molto tempo gli specialisti si sono accorti che si tratta di un’opera composita e hanno fatto l’ipotesi che essa consiste nella raccolta di quattro tradizioni principali, risalenti a epoche diverse.
Il Pentateuco si sarebbe costituito dunque in più tappe:
1. Alla base ci sono la personalità di Mosè e gli avvenimenti dell’Esodo.
2. In seguito vengono composti e trasmessi, oralmente o già per iscritto, piccoli brani: racconti, leggi, discorsi, meditazioni sugli avvenimenti, celebrazioni liturgiche…
3. In epoche diverse alcuni scribi (profeti, sacerdoti, sapienti) raccolgono questi piccoli brani per farne dei racconti continui: i quattro documenti.
4. Alla fine le quattro tradizioni vengono raccolte in un solo volume in cinque tomi.
Avremo l’occasione di studiare dettagliatamente questi documenti. Accontentiamoci, per il momento, di inquadrarli rapidamente.
1. La tradizione JAHVISTA (designata con la lettera J). E’ chiamata cosi perché, fin dall’inizio, Dio viene chiamato Jahvé. Senza dubbio è nata all’epoca di Salomone, verso il 950 a.C., negli ambienti della corte di Gerusalemme. Il re vi svolge un grande ruolo; è lui che fa l’unità della fede.
2. La tradizione ELOHISTA (designata con la lettera E). Chiama Dio Elohim. E’ nata, forse nel 750 circa, nel regno del nord, dopo che il regno unito di Davide-Salomone si era diviso in due. Molto segnata dal messaggio di profeti come Elia e Osea, conferisce una grande importanza ai profeti. Queste due tradizioni si fusero a Gerusalemme verso il 700. Tale fusione, chiamata spesso jehovista (JE), non è una semplice addizione: fu l’occasione per completare e sviluppare certe tradizioni.
3. La tradizione DEUTERONOMISTA (lettera D). E’ contenuta soprattutto nel Deuteronomio, ma ha influenzato anche altri libri. Iniziata nel regno del nord, fu portata a compimento in quello di Gerusalemme.
4. La tradizione SACERDOTALE (lettera P: libro dei Preti). E’ nata durante l’esilio a Babilonia, negli anni 587-538 e successivi. I sacerdoti rileggevano le tradizioni al popolo deportato per mantenerne la fede e la speranza.
Queste quattro tradizioni e i loro sviluppi saranno a loro volta raccolte in un solo volume: il Pentateuco.
Questo lavoro sembra essere stato portato a compimento verso il 400 e lo si attribuisce molto spesso al sacerdote Esdra.
La nascita della nazione: Mosè
Il libro della Genesi termina con la famiglia di « Israele» in Egitto, spintavi da una carestia che si era verificata in Palestina.
Anche l’Egitto aveva una civiltà; il paese confinava con la Palestina e rappresentava spesso un luogo di rifugio in tempi difficili.
Giuseppe salì al potere in Egitto (Genesi 41,41): ciò, probabilmente, si verificò nel 18° secolo a.C., anche se la Bibbia non riferisce il nome del Faraone che concesse a Giuseppe l’autorità politica. E la Bibbia non riferisce neppure il nome del Faraone che regnava al tempo in cui Mosè veniva educato a corte; per cui anche la data di Mosè è incerta, ed è forse da collocare nel 13° secolo a.C. I Faraoni di questo periodo infatti intrapresero grandiosi programmi di costruzioni nella parte nord-est dell’Egitto: una situazione che sembra trovare un riscontro nei primi capitoli del libro dell’Esodo.
Il primo accenno (al di fuori della Bibbia) agli Israeliti in Palestina si trova in un documento egiziano della fine del 13° secolo, la Stele di Merneptah, dalla quale si deduce che gli Israeliti si trovavano già in Palestina, ma non erano ancora in possesso di un qualsiasi territorio identificabile. La testimonianza del documento egiziano, quindi, suggerisce che gli Israeliti abbiano lasciato l’Egitto e raggiunto la Palestina nel corso del 13° secolo; ma non è escluso che Mosè e Giosuè siano da collocare in un periodo precedente.
Indubbiamente tra Giuseppe e Mosè intercorse un periodo di diversi secoli durante il quale la famiglia di Giacobbe crebbe fino a diventare una nazione, e da questo periodo possiamo cominciare a parlare di Israele come di uno dei popoli del mondo antico. Un popolo tuttavia che non aveva un territorio proprio, tanto che il libro dell’Esodo inizia con la vivida rappresentazione di un popolo oppresso tenuto praticamente in schiavitù in Egitto.
Mosè fu l’uomo che cambiò drasticamente questa situazione. In seguito al suo personale incontro con il Dio di Abramo, egli sfidò l’autorità egiziana riuscendo alla fine a portare il suo popolo fuori dell’Egitto. Da quel momento in poi, Israele considerò sempre il miracolo della traversata del Mar Rosso (Esodo 14) come la più chiara dimostrazione che Dio lo aveva scelto come suo popolo e che lo avrebbe sempre protetto.
La fase successiva dell’esistenza di Israele si svolse nel «deserto»: le aride regioni che separavano la Palestina dall’Egitto. L’avvenimento più importante di questo periodo ebbe luogo alle pendici del Monte Sinai, dove il popolo di Israele si impegnò ad accettare un codice di leggi dettate da Dio e ad adorare Yahweh e nessun altro dio. Mosè ebbe un
ruolo essenziale anche in questo evento che segnò l’inizio di una fede monoteistica, una fede che praticamente non ha
riscontro nel mondo antico, anche se per diversi secoli l’idolatria continuò ad essere una piaga per la società israelitica
ESODO: CHE COS’È ACCADUTO VERAMENTE?
Mosè. Alla base dei nostri racconti c’è la personalità di Mosè. Nato sotto il regno di Horemheb (1334-1306) o di Seti I
(1309-1290), fu educato in una scuola di scribi-interpreti, di cui l’Egitto aveva bisogno per i suoi rapporti con gli
asiatici.
Il suo soggiorno nel deserto di Madian lo segnò: fu in contatto con un gruppo – quello di cui Ietro, suo suocero, è
sacerdote – che sembra profondamente religioso e onora un dio Jaho.
Due esodi? Alcuni testi presentano l’uscita dall’Egitto come un’espulsione, altri come una fuga. Probabilmente vi furono
due esodi che si fusero successivamente nella memoria del popolo.
L’esodo-espulsione avrebbe avuto luogo verso il 1550. Dei semiti, gli Hyksos, avevano preso il potere in Egitto verso il 1720. Furono cacciati nel 1552. Alcuni figli di Giacobbe, anch’essi semiti e che avevano approfittato della presenza degli Hyksos per istallarsi, seguirono la stessa sorte. Presero la strada del nord, poi discesero verso l’oasi di Cades. Un giorno entreranno in Canaan dal sud. L’esodo-fuga si situa verso il 1250. Un altro gruppo di semiti era rimasto in Egitto. Galvanizzato da Mosè, approfitta di una festa di primavera (e forse di qualche catastrofe abbattutasi sull’Egitto che aveva provocato la morte dei bambini) per fuggire. Prese la strada del nord. Presso il lago di Sirbonis un distaccamento egiziano li raggiunge, ma i carri si impantanano nelle sabbie mobili. Salvati, i semiti lasciano questa strada pericolosa e discendono verso Cades. Il “passaggio” del mare. Nella tradizione jahvista non si fa menzione del «passaggio attraverso il mare: il vento asciuga le acque, i carri Egiziani si impantanano sotto gli occhi meravigliati degli Ebrei. Ora, sappiamo dagli storici antichi che i bordi del lago Sirbonis, costituiti da una stretta lingua di sabbia che trattiene le acque del Mediterraneo, erano molto pericolosi.
Solamente nel racconto sacerdotale Dio divide le acque e fa apparire l’asciutto, così come all’alba della creazione divide le acque primordiali per far sorgere la terra ferma! L’Esodo è presentato come un atto di creazione e il racconto della creazione (Gen 1) come un atto di liberazione.Il Sinai. Seguendo le tradizioni, la montagna è chiamata Sinai o Oreb. Dove situarla?
• AI monte Musa, nel sud del Sinai? Questo itinerario attraverso il sud diventa tradizionale solo dopo il IV secolo della nostra era; l’istallazione di alcuni monaci ai piedi del monte Musa dovette influenzare tale scelta.
• Presso Cades, a Hor-il-monte?
• In Madian, ad est del golfo di Aqaba?
Una teologia di stile epico. È possibile che si rimanga un po’ delusi d’avere così poche certezze.
Ma ciò deriva dal genere di questi racconti – una epopea – e dal fatto che la loro importanza è anzitutto teologica.
Una epopea. Diversi clans si rifanno a una stessa origine – quelli che sono rimasti in Canaan, quelli che furono espulsi dall’Egitto, quelli che fuggirono con Mosè – poiché si federarono durante l’assemblea di Sichem (Gs 24). Raggruppandosi con altri, ciascun clan apporta le sue tradizioni che si fonderanno per formare il comune patrimonio del nuovo gruppo. I diversi ricordi si accavallano gli uni con gli altri.
Così, per esempio, il ricordo del “passaggio” del Giordano contribuisce a fare della scaramuccia ai bordi del lago un “passaggio sul mare”. Molti avvenimenti hanno segnato l’istallazione in Canaan: passaggio del Giordano, occupazione di città fortificate, vittoria di Taanach cantata da Debora (Gdc 5). Tra questi, un evento è emerso ed è diventato il simbolo di tutti gli altri, il simbolo della liberazione: l’Esodo.
Una teologia. Questi racconti sono stati redatti non per fare un corso di storia o di geografia, ma per parlarci di Dio. Attraverso questi racconti appare il volto di un Dio liberatore che vuole un popolo di uomini liberi che lo servano liberamente, vivendo nell’alleanza con lui. Ecco l’essenziale e il motore di tutta la vita di Israele (così come quella dei cristiani).
Questa esperienza fondamentale permetterà un giorno di scoprire che Dio non vuole solo liberare un popolo, ma l’uomo: si potranno scrivere allora i racconti della creazione che estenderanno all’umanità intera questo dono della vita e della libertà.
L’evento fondatore
“Ciascuno deve considerare, di generazione in generazione, di essere lui stesso uscito dall’Egitto perché è scritto: in quel giorno (il giorno in cui si festeggia il ricordo dell’uscita dall’Egitto) di’ a tuo figlio: è per questo che il Signore è intervenuto per me quando io sono uscito dall’Egitto…”. Questo brano tratto dal rituale della pasqua giudaica sottolinea bene l’importanza dell’avvenimento per Israele. Lungo tutta la sua storia, il popolo d’Israele – e di conseguenza i cristiani – non cesserà di meditarlo e di scoprirne il significato.
Qui possiamo solo ricordare qualche aspetto di tanta ricchezza, ma sarà l’intera lettura di questo libro a farcela scoprire
L’evento fondatore
«L’uscita dall’Egitto è sempre stata considerata da Israele come un momento a parte della sua storia, come un evento che si situa su un altro piano rispetto agli altri». Il popolo esisteva certamente già con Abramo, ma solamente nella promessa. L’Esodo è realmente il momento in cui Israele comincia a esistere in quanto popolo.
Quando si vorrà comprendere il senso degli altri avvenimenti (il passaggio del Giordano, unità delle dodici tribù…) o delle istituzioni e dei riti, quando si vorrà spiegare l’esistenza stessa del popolo, ci si riferirà sempre all’Esodo.
Incontro con Dio
In questo avvenimento Israele ha cominciato a scoprire chi è il suo Dio, qual è il suo nome. Ha scoperto che Dio è liberatore, salvatore, prima di riconoscerlo come creatore. Questo è molto importante e ci ritorneremo sopra. Dio è Colui che ci ha tratti fuori dalla casa di schiavitù: questo è il suo titolo principale, quasi il suo nome proprio, ripetuto costantemente in tutta la Bibbia.
Durante la visione del roveto ardente, Dio dà a Mosè il suo nome: Jahvé; e lo esplicita con una frase che la TOB traduce: Io sono Colui che sarò, cioè: Ciò che io sono tu lo scoprirai in ciò che io sarò e farò con te, con voi, nella storia (Es 3, 14).
Così Dio e il suo popolo sono uniti da uno stesso legame di sangue (vedi il rito in Es 24,3-8), da un’alleanza.
“Dalla schiavitù al servizio”: questo titolo dato a un commentario dell’Esodo ne riassume molto bene il movimento essenziale. Il popolo ha coscienza che Dio lo ha liberato dalla schiavitù d’Egitto; ormai può mettersi liberamente al suo servizio, servizio che consiste anzitutto in una vita quotidiana condotta nell’alleanza con Dio e che si esprime nel culto.
Un passato sempre presente L’Esodo non è solamente un avvenimento del passato. Il rituale della pasqua giudaica lo esprime bene: l’Esodo è un avvenimento che accompagna Israele in tutta la sua esistenza. Quando lo si celebra nel culto esso diviene come presente e tutto il popolo vi partecipa. Il riferimento a questo passato permette di comprendere il presente: tutta la vita appare come un esodo, un cammino verso il Regno di Dio; esso permette di conservare la fede nei momenti terribili di catastrofe o di deportazione: se Dio ci ha liberati una volta, può farlo anche oggi. Così si mantiene la speranza rivolta verso l’avvenire. I primi cristiani continueranno questa meditazione. Interpreteranno la vita di Cristo come un esodo.
Alcuni testi come la Prima lettera di Pietro, l’Epistola agli Ebrei e l’Apocalisse mostreranno che tutta l’esistenza cristiana è un esodo, alla sequela di Cristo verso il Regno definitivo.
Evocando tutto ciò oltrepassiamo i testi stessi del Libro dell’Esodo, ma – come abbiamo appena visto – tutto ciò che la meditazione di questo avvenimento ha suscitato nello svolgersi dei tempi fa parte esso stesso dell’avvenimento e permette di comprenderlo.
Ma attraverso tutta questa ricchezza di significati è possibile risalire all’avvenimento in se stesso e rispondere alla domanda: «Che cos’è accaduto veramente?». È ciò che vedremo ora.
TESTI BIBLICI DA LEGGERE
Mosè e l’esodo Nel deserto
Schiavi in Egitto: La manna e le quaglie:
Esodo 1, 1 – 14 Esodo 16, 1 – 18
Nascita di Mosè: Arrivo al Sinai:
Esodo 2, 1 – 10 Esodo 19, 1 – 24
Dio chiama Mosè: L’alleanza di Dio:
Esodo 3, 1 – 15 Esodo 24, 1 – 18
Mosè affronta il faraone: L’adorazione del vitello d’oro:
Esodo 5, 1 – 21 Esodo 32, 1 – 14
Le piaghe d’Egitto: La presenza di Dio:
Esodo 7, 1 – 24 Esodo 33, 1 – 23
L’uscita dall’Egitto: L’alleanza rinnovata:
Esodo 12, 29 – 42 Esodo 34, 1 – 10
Una strada attraverso il mare: L’abitazione di Dio:
Esodo 14, 1 – 31 Esodo 40, 1 – 38
BIBLIOGRAFIA
G. RAVASI, ESODO, QUERINIANA
C. M. MARTINI, VITA DI MOSE’, BORLA
P. STANCARI, NEL DESERTO, RUBBETTINO
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