
La Via 15 novembre
SEPPELLIRSI PRIMA DEL TEMPO
(Mt 25,14-30).
La comunità dell’evangelista Matteo era una comunità in crisi: una comunità scoraggiata che attendeva invano un cambiamento, o meglio una salvezza, che non arrivava.
Si era affievolito l’entusiasmo per il ritorno imminente di Cristo e l’attesa e la speranza dei più si infrangevano contro una realtà deludente.
E qual era il grande rischio?
Chiudersi in sé stessi, non valorizzare più il messaggio evangelico e andare a seppellirsi!
Secondo la giurisprudenza rabbinica infatti seppellire un dono o un oggetto ricevuto voleva dire togliersi la responsabilità.
Metterlo sotto terra era quindi un modo per prendere le distanze e quindi dichiarare fallimentare il messaggio di Gesù.
Ma nell’atteggiamento del terzo servo noi possiamo intuire una piaga del cuore che sanguina ancora oggi in tanti: la paura di fallire.
Piuttosto che rischiare ci si lascia catturare da questa paura e così non si seppelliscono solo i talenti, ma si seppellisce anche noi stessi e la nostra vita.
È una paura che genera mostri perché deforma la realtà (in questo caso la figura del padrone);
tutto ci appare difficile e minaccioso perché proiettiamo nel mondo la paura che abbiamo dentro.
A volte non è del tutto colpa nostra perché ci viene martellata nella testa che se non siamo all’altezza, se non siamo efficienti ed ambiziosi allora non valiamo nulla.
E così il terrore del fallimento prende forma: fallire negli studi, fallire al lavoro, fallire negli affetti.
Oggi ci stiamo quasi facendo convincere che anche morire significa fallire.
Come se scopo della vita fosse sopravvivere il più a lungo possibile.
Scopo della vita è portare frutto.
Per il Signore e per il suo Vangelo non è importante quanto risultato ottieni.
Importante è giocarsela.
La parabola di oggi sta lì a ricordarcelo.
Don Umberto

