La Via

La Via 10 ottobre

SEMPRE DI CORSA (Mc 10,17-30)

Probabilmente al gruppo di quelli che vanno sempre di corsa apparteniamo in tanti.

E, altrettanto probabilmente, si vorrebbe uscirne.

Indaffarati, affannati e, a volte, in ritardo.

Orologio alla mano e passo svelto, ci manca solo di metterci a correre.

Sembrerebbe in effetti un po’ strano.

Lo era anche ai tempi di Gesù.

Non solo strano, addirittura sconveniente.

In medio oriente non si usa correre in quanto lo si ritiene offensivo nei riguardi di colui verso il quale si corre.

Nel Vangelo però spesso c’è gente che corre: lo fanno i lebbrosi e gli indemoniati.

Essi corrono verso Gesù perché sono appesantiti da un disturbo e non ce la fanno più a sopportarlo.

La cultura in cui vivono viene superata e travolta da una pressione interiore che li schiaccia.

Corrono perché hanno fretta di essere liberati e sanno che Gesù può farlo; può farli uscire dal loro dramma.

Anche nel Vangelo di oggi c’è un uomo che corre: non è però né indemoniato né lebbroso.

È un uomo religioso e molto ricco.

Eppure c’è anche in lui qualcosa che lo schiaccia.

Ha la sensazione che la vita gli sfugga, non è felice ed è come se avesse la lebbra cioè fosse minacciato da qualcosa.

E, soprattutto, non è libero.

È tutto ciò che egli possiede a togliergli la libertà.

Il suo correre mi sembra l’immagine plastica e simbolica della sua schiavitù.

Chi è sempre di fretta non può certo ritenersi libero.

Probabilmente è proprio di questa libertà che quest’uomo ricco va in cerca.

Ma lo fa partendo da un presupposto sbagliato.

Egli chiede cosa deve fare per avere in eredità la vita eterna.

Ma da quand’è che bisogna fare qualcosa per ereditare?

L’eredità ci arriva semplicemente perché sei figlio e non devi far altro che essere figlio.

L’eredità non è una conquista, non è un merito, non la puoi comprare.

Per ereditare devi appartenere, devi essere in relazione.

Ed è proprio ciò a cui lo invita Gesù: ad entrare in una relazione nuova con lui.

Se quest’uomo ricco avesse capito, forse si sarebbe fermato senza più andare di corsa.

Perché chi si ferma non è perduto.

Chi si ferma appartiene.

Don Umberto