
La Via 20 ottobre
VENGA IL TUO REGNO (Mc 10,35-45).
Oggi i due discepoli che rivendicano posti di prestigio ci possono davvero insegnare qualcosa.
Anzitutto che si può stare accanto a Gesù per tanto tempo senza capire niente di ciò che Lui ci ha voluto insegnare.
Soprattutto se il suo messaggio entra in conflitto con i nostri istinti più basilari e con le nostre velleità.
Non comprendendo, ad esempio, l’espressione “Regno di Dio” e facendola coincidere con il paradiso noi, discepoli di oggi, svuotiamo di significato tutto quello stile di servizio e di semplicità che invece quella parola significa.
La parola “Regno di Dio” contrasta con il nostro appetito di potere che è il più grande di tutti i nostri istinti.
Siamo immersi in una cultura marcata dalla concorrenza e dalla competizione esasperata e si afferma sempre più una filosofia della vita che celebra la volontà di potenza.
A volte lo fa partendo dal suo contrario: si fa un gran parlare di fragilità come condizione dei giovani ma anche degli adulti. Ma fragili rispetto a cosa?
Quale sarebbe l’idea di forza rispetto alla quale identificare la fragilità?
E poi perché dovrebbe essere la forza la condizione giusta in cui vivere?
Gesù ribalta il nostro comune modo di sentire e la pagina di oggi, a questo riguardo, è una tra le più eloquenti e al contempo sconcertanti.
«Chi vuole essere il primo» dice Gesù, e non condanna l’ambizione di riuscire.
Noi dobbiamo riuscire nella vita.
Ma egli capovolge la strada.
Il potere si conquista con la debolezza.
Il potere viene dal servizio.
Il primo posto si conquista con la croce, con il dono.
Essere alla destra e alla sinistra del Cristo vuol dire occupare le due croci che il venerdì santo saranno innalzate accanto alla sua.
«Potete voi bere al calice che io bevo?».
Ciò che conta in vista dei primi posti nel regno è la capacità di accostare le labbra alla coppa di Gesù ed essere battezzati nel sangue della sua croce.
È la coppa della vita donata, della vita ritrovata, è la coppa del chicco di grano, che si annulla perché crede alla vita che rinasce dall’oscurità della terra e della morte.
È la coppa di chi ama senza aspettarsi premi, di chi ama in perdita, di chi ama per primo.
Don Umberto

