La Via

La Via 17 novembre

IL FUTURO (Mc 13,24-32).

Che cosa succederà domani?
Come andrà a finire la Storia? Che ne sarà di noi?
Predicazioni medievali e film di serie B ci rappresentano la fine del mondo come un delirio di fiamme e di istruzione, come il sommo giudizio finale fatto di caligine e di paura.
La “colpa” di questa interpretazione approssimativa è del linguaggio apocalittico usato da alcuni libri della Scrittura, come il brano di Daniele che abbiamo letto oggi, fatto di forti immagini da non prendere alla lettera.
Ciò che i cristiani hanno capito è semplice: Cristo, risorto e asceso al Padre, tornerà nella pienezza dei tempi, tornerà per completare il suo Regno, le anime dei nostri defunti riprenderanno i propri corpi trasfigurati e risorti e sarà la pienezza.
Nel frattempo — e questa è una nota dolente — Dio ha affidato a noi, fragile Chiesa, il compito di far crescere il Regno.
San Paolo si chiedeva perché Cristo tardasse tanto, avendo le comunità una fortissima tensione per il ritorno del Signore.
La sua risposta è struggente: se Cristo è il capo, la testa, e noi siamo membra di un corpo, egli tornerà solo quando tutto il corpo sarà sviluppato e pronto.

Questo è il tempo della Chiesa.
Non il tempo di restare seduti e aspettare (come sta succedendo),ma di annunciare
il Vangelo, finché il Signore torni.

Una corrente del pensiero ebraico contemporaneo invita tutti, anche i non ebrei, a comportarsi secondo rettitudine, per accelerare la venuta del Messia, per noi il ritorno.
Non è una ragione sufficiente per cambiare il mondo a partire da noi stessi?

Gesù ci ammonisce: la costruzione del Regno non è necessariamente semplice,
non è un passaggio di gloria in gloria, essere travolti dal Vangelo e iniziare il cammino
didiscepolato significa porsi in un atteggiamento di cambiamento perpetuo, di fatica nell’affrontare le contraddizioni del sé e del mondo.
Il Regno subisce violenza, non si manifesta con adunate oceaniche e opere mirabolanti.
Nel segno della contraddizione, della fatica si esplica il Regno, fra il già e il non ancora, allontanandoci dalla logica manageriale del successo misurabile che — ahimè — a volte s’insinua anche nella logica ecclesiale.
Gli angeli radunano i discepoli dai quattro angoli della terra, coloro che affrontano con serenità la costruzione del Regno vengono radunati e sostenuti.
Solo la Parola e la certezza di avere sperimentato Dio o di averne intuita la presenza ci fanno andare avanti tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio.

                                                        Paolo Curtaz