
La Via 15 dicembre
DALLA FOLLA AL POPOLO (Lc 1,26-38).
È interessante osservare che all’inizio del brano si parla di folle e che successivamente queste folle diventano popolo.
La parola folla fa pensare a una massa anonima, di gente intruppata, dallo sguardo vuoto, dalla coscienza spenta, incapace di muoversi se non per impulsi irrazionali.
Ma per poco che la coscienza si risvegli e ponga domande, che siano come un grido di invocazione, queste folle diventano — è quello che si legge nel Vangelo — « un popolo in attesa ».
Cerchiamo di seguire questa evoluzione, a partire dal momento in cui la coscienza incomincia ad aprirsi e a interrogarsi sui grandi problemi esistenziali.
Che cosa ha spinto tutta questa gente ad ascoltare presso il Giordano la voce di Giovanni Battista?
Forse la stessa ragione per cui molti oggi vanno in cerca dl qualche maestro di spiritualità, tra i tanti presenti sulla scena del sacro.
Quando ci si interroga: «Che vita è mai la mia? Dove mi porta? Che cosa dovei fare per essere in pace con me stesso? ».
E si prova amarezza e vergogna per il proprio modo di vivere, si sente il bisogno di trovare una guida che ci aiuti a lasciare le pesantezze del passato e a tentare un’esperienza nuova, più promettente in ordine a quel profondo desiderio di pace e di fraternità che ciascuno porta dentro di sé.
Anche noi diventiamo “popolo” quando sappiamo condividere questa dimensione interiore che è dentro di noi.
Non è necessario farlo a parole.
Esistono momenti particolari, simboli e riti che parlano da sé e dicono questa profonda esigenza.
L’Eucarestia, ad esempio, è uno di essi.
È lì che noi ci volgiamo verso il Cristo con la segreta speranza di trovare in Lui la risposta alle nostre attese più profonde.
Anche la gioia, che in questa terza domenica di Avvento celebriamo, nasce da questa sensazione che abbiamo davvero qualcosa di importante da condividere perché non siamo soli.
A questa concezione si aggiunge la certezza che le nostre domande hanno una risposta nella vita e nelle parole di Gesù.
Questa risposta c’è, non è “caduta nel vento” come dice la famosa canzone, ma incisa nella roccia.
Don Umberto

