La Via

La Via 23 giugno

COSA CHIEDERE A DIO              (Lc 9, 18-24).pdf50

 

La prima riga del Vangelo di oggi ci suggerisce pensieri importanti.

Gesù si era ritirato in un luogo solitario a pregare.

Perché Gesù pregava? Che bisogno aveva di pregare? Che cosa chiedeva nella preghiera?

Il Vangelo non soddisfa la nostra legittima curiosità.

C’è però la possibilità di intuire qualcosa attraverso quello che vien detto immediatamente dopo nel racconto di Luca.

Gesù interroga infatti i suoi discepoli: “chi sono io per la gente? Chi sono io per voi?”

Ci sembra quindi verosimile e non azzardato pensare che queste domande siano il ripercuotersi  di una questione fondamentale che Gesù aveva sollevato prima, all’interno della sua preghiera e del suo colloquio con Dio Padre: “Chi sono io? Che senso ha quello che vivo?”.

Noi di solito pensiamo che la preghiera di domanda abbia lo scopo di ottenere grazie concrete e quindi chiediamo la soluzione di casi difficili o la salute del corpo.

Ma per Gesù la grazia da chiedere era un’altra: la luce sull’esistenza e sul suo significato.

Per questo la nostra preghiera dovrebbe sempre più caratterizzarsi come un dialogo in cui capire perché siamo al mondo e che cosa siamo chiamati a fare.

Solo all’interno di questo colloquio spirituale in cui si ricerca il senso di ciò che ci accade si può comprendere anche il riferimento esplicito alla croce.

Nessuno che fosse abituato a pregare chiedendo a Dio che tutto vada bene e che non ci siano sofferenze può capire e accogliere le parole di Gesù e il suo messaggio sulla croce.

Nemmeno i discepoli infatti lo hanno capito: anche loro si erano abituati a vedere Gesù fare guarigioni e sistemare ogni cosa.

L’annuncio della passione li disorienta, li spiazza: se Gesù soffrirà, anche loro soffriranno e questo li spaventa.

L’attaccamento dei discepoli ad una certa immagine di Gesù appare come espressione di un altro attaccamento, quello alla loro stessa vita: nessuno è disposto a perderla a cuor leggero.

Per questo Gesù li fa uscire allo scoperto: per curare la loro fede , per farsi carico di questa loro vulnerabilità e indicare la croce come passaggio per la vita eterna.

Non è un discorso destinato alla gente, ma ai suoi che lo seguono da vicino.

Ci piace pensarlo come un messaggio anche per la Chiesa, troppo spesso preoccupata di ciò che pensa l’opinione pubblica e meno attenta a ciò che ciascun cristiano dice del Maestro.

          Don Umberto e don Stefano