La Via 13 ottobre
LA FEDE CHE SALVA. (Lc 17, 11-19).
Contrariamente alla mentalità diffusa del suo tempo, mentalità che aveva qualche radice nella stessa legislazione del Levitico, Gesù non considera il lebbroso come un maledetto, come un impuro: il lebbroso è amato da Dio ed è raggiunto dalla sua salvezza. È già un primo insegnamento. Ma subito un secondo: i lebbrosi sono inviati dai sacerdoti prima ancora di essere guariti: «Appena li vide Gesù disse loro: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. E mentre essi andavano, furono purificati». Con questo l’evangelista vuole indubbiamente sottolineare la fede e l’abbandono fiducioso di quei lebbrosi: obbediscono prima di vedere, prima di constatare. La guarigione si direbbe conseguenza di questa totale fiducia. È un insegnamento importante: l’azione di Dio richiede sempre un ambiente di fiducioso abbandono.
Neppure questo, però, è l’insegnamento che a Luca preme maggiormente. Il movimento del racconto mette fortemente in luce un altro particolare: dieci furono guariti, ma uno solo tornò a ringraziare, ed era uno straniero, un samaritano. Questo è il punto che Luca vuole porre in evidenza: un samaritano fa sfigurare i giudei.
Non è l’unica volta che Luca sottolinea tale motivo: una prima volta Gesù si meravigliò della fede di un pagano,una fede che invano si sarebbe cercata in Israele (Lc 7,9); una seconda volta Gesù presentò un samaritano come un modello di carità, che sa preoccuparsi di un ferito sconosciuto (Lc 10,33). Nel nostro racconto il samaritano guarito è presentato come colui che ha capito la realtà profonda della salvezza: una salvezza gratuita, di fronte alla quale deve nascere la gratitudine. Inoltre il samaritano non ha capito solo la gratuità della salvezza, ma pure che in Gesù gli si è fatto incontro il regno di Dio. Ha capito qualcosa del mistero di Gesù. A differenza dei profeti, semplici strumenti nelle mani di Dio, Gesù può e deve essere ringraziato. Qui sta la differenza fra l’episodio della guarigione di Naamàn Siro (prima lettura: 2Re 5,14-17) e la guarigione del samaritano: Naamàn non deve ringraziare il profeta, ma riconoscere l’unico Dio. Gesù invece accetta il ringraziamento: egli è più di un profeta.
A questo punto siamo in grado di cogliere il significato conclusivo del racconto: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». Il samaritano già prima era stato raggiunto dalla potenza di Dio e guarito insieme agli altri nove, ma solo ora è dichiarato «risorto» (alzati: anastàs) e «salvato». La guarigione dalla lebbra non era la salvezza, bensì il segno che avrebbe dovuto aprire il cuore alla fede, a capire, cioè, la gratuità dell’azione di Dio, fattasi a noi presente in Gesù: questa comprensione (e non semplicemente la fiduciosa speranza nel miracolo della propria guarigione) è la fede (pistis) che salva.
Bruno Maggioni