Audio,  Catechesi,  Corsi Biblici,  Giovani adulti

Nicodemo.

PERSONAGGI DEL VANGELO DI GIOVANNI:

 NICODEMO.pdf50download50download50

 

Quale messaggio possiamo cogliere per noi oggi da questo episodio di purificazione? Penso che se lo interrogassimo, Nicodemo ci racconterebbe così la sua storia: nel dialogo il linguaggio di Gesù diventava sempre più alto e mi sentivo smarrito. Volevo bene a quel Rabbì, però non riuscivo proprio a capirlo: da una parte mi era simpatico, dall’altra avvertivo in me un senso di confusione, e ho vissuto giorni e mesi di incertezza, di sofferenza. Gradualmente, di fronte a ciò che faceva e che si raccontava di lui, mi sono domandato: non sono forse vere le sue parole? non dobbiamo almeno difenderlo? Infine, quando ho visto come moriva, mi sono buttato completamente dalla sua parte.

E a questo punto Nicodemo, dopo averci comunicato la sua esperienza, ci interpella: hai davvero fede, nella potenza di Dio, come io a poco a poco l’ho acquisita attraverso un lungo e faticoso cammino?

L’interrogativo scava dentro di noi e ci colpisce perché magari abbiamo cominciato con grandi professioni di fede – proprie della prima sequela di Gesù e dei momenti di entusiasmo -, ma col passare del tempo tante vicende hanno fatto sorgere in noi tentazioni di autosufficienza, cinismo, paura di buttarci, scetticismo verso le situazioni, le istituzioni e le persone.

È molto utile lasciarci interpellare leggendo il vangelo di Giovanni che ci presenta la fede come un caso serio: hai davvero ancora fede nella potenza di Dio, come all’inizio? Oppure, il moltiplicarsi di realtà negative, oscure, difficili, ne ha spento in te la vivacità, per cui continui a discorrere sulla fede, a dichiararla esteriormente, e tuttavia nel tuo intimo non ti affidi totalmente al Signore?

Nicodemo, però, insieme alla domanda, esprime una certezza che ci conforta: il Signore è più buono di te, è stato più buono di me. Quando si trattava di credere alla parola di Gesù, ho resistito, faticato, ma quando l’ho difeso pubblicamente e ho onorato il suo corpo morto, ho sperimentato in me un coraggio che non sapevo di avere, ho intuito che lo Spirito agiva in me più di quanto potevo immaginare. Lo stesso accade in noi e attorno a noi. Ci sembra di vivere un momento di confusione, di sfiducia, di fatica, e a un tratto, di fronte a una occasione che ci interpella scoppia di nuovo in noi, senza che ce ne accorgiamo, la forza potente dello Spirito, quella che spiega anche il martirio. Non tutti i martiri erano molto ferventi e molto convinti, prima di trovarsi nella situazione che li ha portati a morire. Alcuni sì; tanti altri, invece, vengono sorpresi da circostanze gravi mentre non sono preparati e sperimentano improvvisamente la grazia dello Spirito che fa dire loro: il Signore è con me, non mi ha abbandonato!

 

Concludo suggerendo due spunti per la preghiera, sempre nel contestodella nostra giornata di ritiro

• Possiamo metterci al posto di Nicodemo facendo l’esame di coscienza, e chiedergli di aiutarci a capire i nostri blocchi, irrigidimenti, a riconoscere di essere, come lui, un po’ guardinghi, diffidenti, talora muti, incapaci di buttarci con fiducia in Gesù.

Che cosa mi trattiene dall’affidarmi totalmente a lui? E che cosa mi impedisce quella scioltezza dello Spirito che non so da dove viene e dove va, ma di cui sento la voce?

Il confronto con Nicodemo ci consentirà di individuare le pesantezze che non ci permettono di accogliere il Regno dei cieli con la semplicità e la fiducia di un bambino (cf. Lc 18,17).

Un secondo spunto: metterci di fronte a Gesù, allo Spirito, al Padre, domandandoci che cosa può aiutarci a vivere l’antropologia della rinascita, dell’essere figli, del sentirci immensamente amati, a vivere la gioia per il dono di Dio che gratuitamente ci ama prima ancora che lo conosciamo.

Entriamo così nel colloquio col Signore pregandolo di purificare i nostri cuori, di rivestirli di quella purità che è scioltezza, dedizione totale, resa incondizionata a colui che tiene in mano la storia e la conduce a buon fine, malgrado le apparenze; la conduce a buon fine, soprattutto, rivelandone la meta a quanti credono nel Verbo incarnato.

                                                                      (Tratto da C. M. MARTINI, Il caso serio della fede)

 


Mi sembra doveroso allora, di fronte a questa devastante inconsistenza dei nostri giorni; pronunciare l’elogio di Nicodèmo, della sua discrezione, persino dei suoi dubbi e della sua ambiguità.

Si può nutrire nostalgia per uno che «andò a trovare Gesù di notte» nell’intimità e nel silenzio di una ricerca veritiera che, proprio perché autentica e sofferta, può sentirsi appagata solo nella calma serena di una preghiera. Lo abbiamo lasciato all’opera pietosa del sepolcro nell’ora della morte e della desolazione. E non conosciamo altro di lui. Solo Dio sa la sua sorte. A noi è consentita l’ipotesi, l’illazione, la congettura. Ed è rassicurante – rassicurante per noi poveri cristiani -pensare che abbia attraversato il varco della salvezza. Nell’incontro con Gesù gli era fatalmente apparsa una speranza più alta di quella che aveva cercato. E poiché la sua ragione era umile, aveva imparato, in quell’incontro, che la ragione sa tutto ma non sa nient’altro. Non avrà diradato i dubbi, che sono i compagni di un’esistenza consapevole, ma si può pensare che lo abbia consolato e convinto una conquistata certezza: quella di chi sa che, alla fine, il mistero si illuminerà della sua stessa luce.

 (Mino Martinazzoli)