La Via 27 aprile
INCREDULI O CREDULONI? (Gv 20, 19-31)
Mi viene in mente il momento della rinnovazione delle promesse battesimali.
Quando il sacerdote fa una serie di domande alle quali si risponde tre volte “rinuncio” e tre volte “credo”. La maggior parte delle volte sono risposte un po’ automatiche e scontate, quasi meccaniche.
Come tante altre cose nella Chiesa, anche qui prevale una certa abitudine nel fare le cose, senza pensarci su con attenzione.
Quando diciamo “credo” occorrerebbe aver coscienza di ciò che si dice.
Perché questa coscienza maturi bisogna fare un cammino, bisogna sentire se stessi come persone in ricerca.
In fondo anche quello dell’apostolo Tommaso è stato un percorso.
Gesù lo ha condotto ad una fede vera e autentica.
Ho già detto altre volte come non mi convince affatto l’idea che S. Tommaso sia catalogato nella lista degli increduli.
Direi anzi che all’inizio del suo rapporto con Gesù egli fu un credulone. Tutto lo convinceva, anzi lo entusiasmava.
Tutto gli sembrava possibile, persino andare a morire con il Signore.
Poi qualcosa ha cominciato ad incrinarsi e il suo entusiasmo è venuto meno; la morte in croce del Maestro lo ha scandalizzato e forse anche deluso.
L’apparizione agli altri discepoli, senza di lui che stava cominciando ad allontanarsi dal gruppo, lo aveva ulteriormente ferito: perché gli altri sì e lui no?
Ci sono pensieri che sono in grado di generare amarezza, di spegnere gli ardori e favorire lo scetticismo e il disincanto pessimista. Tommaso li aveva.
E aveva bisogno di recuperare la fede, ma non quella dei creduloni ingenui, quella di chi parla dicendo sempre che tutto è fantastico, bellissimo, straordinario.
Aveva bisogno della fede matura: quella fede senza facili entusiasmi ma con la certezza della croce; quella fede paziente che sa restare fedele anche nell’aridità; quella fede che ti guida anche quando sei negli inferi e non vedi più nulla.
Aveva bisogno di tutto ciò che unicamente si può chiamare “fede”.
Tutto il resto è ricerca di emozioni e gratificazioni, legittime, ma fragili di fronte al vaglio della prova e della sofferenza.
Forse di questo cammino abbiamo bisogno anche noi.
Non per niente Tommaso era detto “didimo”.
Significa gemello. Il nostro gemello.
Don Umberto e Don Stefano