La Via

La Via 4 maggio

ARIA DI FALLIMENTO                                     (Lc 24, 13-35)pdf50

Da Gerusalemme ad Emmaus. Circa undici chilometri.

Come ve l’immaginate il passo dei due discepoli in cammino? Il passo frettoloso di chi sta fuggendo? O il passo rapido e deciso di chi ha chiara la meta? O forse il passo stanco e demotivato di chi ha l’animo appesantito?

Ci è facile pensare che sia stato proprio quest’ultimo l’incedere di Cleopa e del suo anonimo compagno.

Un passo che tradiva la sensazione di sconforto e l’aria di fallimento che la morte di Gesù aveva trasmesso loro.

Ci sono segnali che rivelano in modo inequivocabile la tristezza dell’anima.

Uno di questi è l’uso che si fa della memoria.

Per i due di Emmaus il ricordo ha la forma della nostalgia, del dolore per un ritorno impossibile delle cose di prima.

È una forma scadente di memoria perché ti paralizza, ti intristisce e ti fa fuggire il presente che sembra impossibile da affrontare.

Un altro segnale rivelatore è il modo in cui si parla.

Come parlano i due di Emmaus? Quali parole affiorano alle loro labbra?

È sorprendente notare che sono le parole dell’annuncio della salvezza! Le stesse parole che oggi sentiamo dall’apostolo Pietro nella prima lettura!

Però qui la situazione è quasi comica. Una comicità che rivela il dramma profondo di questi due.

Annunciano il messaggio ma lo fanno con il cuore triste.

Parlano, ma in modo meccanico, senza una vera convinzione.

E così, qualsiasi interlocutore che fosse in ascolto non sarebbe per niente persuaso da loro, ma sarebbe tentato di andarsene per non scoraggiarsi anche lui!

E Gesù, di fronte a questa contraddizione evidente cosa fa?

Accoglie le parole di amarezza, di delusione e rassegnazione per curare i cuori da cui questi sentimenti scaturiscono.

Succede forse anche a noi di incontrare persone oppresse da situazioni pesanti, con la mente ossessionata dai problemi di cui continuano a parlare; oppure situazioni di famiglie disastrate o di persone che non riescono ad uscire da certi drammi o vizi. Magari siamo noi stessi in una di queste situazioni.

Allora ci ripetiamo frasi un po’ scontate, quasi retoriche. Come i due di Emmaus parliamo in positivo ma senza cuore, senza crederci fino in fondo, come se lasciassimo a metà l’annuncio della salvezza.

Gesù invece ha anzitutto curato la memoria troppo nostalgica dei due discepoli; poi li ha scossi, li ha rimproverati con parole forti; infine li ha accompagnati con una presenza che ha toccato il loro cuore, restituendo loro proprio quel calore, quella fiducia e quella speranza che si erano spente.

Ci aiuti il Signore a passare dal Vangelo sulle labbra all’interiorizza- zione del Vangelo nel cuore.

 

Don Umberto e Don Stefano