La Via 21 settembre
PROVOCAZIONI (Mt 20, 1-16)
Mi sarebbe tanto piaciuto sentire parlare Gesù dal vivo,
sentire il tono della sua voce.
Credo che nessun personaggio della storia abbia comunicato
come lui, con una capacità così grande di suscitare
emozioni diverse: ammirazione, commozione, affetto, soggezione.
E tra queste emozioni ci metto pure l’irritazione. Sì, a volte Gesù parlava e irritava.
Come per la parabola di oggi: quelli che lavorano un’ora soltanto vengono pagati come quelli che hanno lavorato
otto ore.
E chi non si irrita di fronte ad una cosa così?
Si irritano coloro che ascoltano la parabola e si irritano, nella parabola stessa, gli operai della prima ora, sentendosi trattati ingiustamente.
Quando noi ci arrabbiamo abbiamo sempre la possibilità,oltre allo sfogo, di fermarci un attimo e chiederci da dove nasce la nostra rabbia, che cosa rivela di noi, cosa ci insegna e come potremmo canalizzarla.
Forse per questo Gesù provoca: per far emergere le verità delle persone, quello che si portano dentro.Cosa c’è quindi nel cuore di quegli operai chiamati al lavoro
da subito?
Cosa rivela la provocazione del padrone che li lascia per ultimi a ricevere il salario? Anzitutto la loro ambiguità, anzi direi meglio la loro ipocrisia:
essi si appellano alla giustizia solo perché sentonodi essere loro stessi defraudati di qualcosa. Nascondonosotto il velo di un nobile ideale i loro interessi personali.
In questa situazione tutto viene visto solo nell’ottica delrapporto economico, della situazione salariale.
Per il resto è come se fossero ciechi: a loro non interessala bontà del padrone, ma solo quanto stipendio percepiranno.
Si dice che la bontà di Dio porta alla conversione. Ma quando i beneficiari di questa bontà sono gli altri e non noi?
Lo sguardo sugli operai dell’ultima ora, e la considerazione deltrattamento ricevuto dal padrone li porta alla mormorazione,all’invidia, alla infelicità.
La felicità percepita e sperimentata per essere stati assunti subito almattino,svanisce ed evapora come niente quando cominciano a fare i paragoni tra sé
e gli altri.
Basterebbero queste semplici considerazioni a farmi rifletteree dovrei fermarmi qui. Ma sento risuonare forte la domanda diGesù “perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?”
Noi abbiamo sempre molte cose da fare, sempre le giornatesembrano non bastare tanto siamo indaffarati. Ma se ciò chefacciamo non è occasione di incontro con Dio allora è l’anima arimanere oziosa.
Ci svegli il Signore, magari anche all’ultima ora.
Don Umberto e Don Stefano