La Via

La Via 8 novembre

DARE TUTTO   (Mc 12,38-44).download50

Anche quest’anno ci ritroviamo a Saliceto per festeggiare S. Carlo Borromeo, figura di grande pastore d’anime che a cinquecento anni di distanza continua a parlare alla Chiesa con il suo stile di fedele cristiano e di vescovo. Le letture di questa domenica dell’anno liturgico ci mettono di fronte le figure di due povere vedove, le vedove e gli orfani nelle Scritture sono i più poveri tra i poveri. La vedova di Sarepta nella sua estrema povertà accoglie il profeta Elia, credendo alla promessa del Signore; la vedova del Vangelo butta il suo unico soldo nel tesoro del Tempio, affidandosi con fiducia totale a Dio. Questi episodi evangelici mettono in luce un tratto particolare della vita di S. Carlo Borromeo: la sua grande povertà. Carlo era nato in una famiglia ricca e nobile, ancor oggi i Borromeo vengono citati sui giornali e rotocalchi, cresciuto negli agi, nipote di un papa in un epoca in cui i papi erano anche sovrani, destinato ad una vita di successo, potere e ricchezza. Quanti uomini di oggi vorrebbero essere stati nei suoi panni! San Carlo invece rinunciò alla ricchezza e alle prospettive di potere e successo. Come arcivescovo di Milano lavorava come un forzato, dormiva quattro ore per notte e riposava nelle ore dedicate alla preghiera. Soprattutto nell’imponente palazzo arcivescovile conduceva una vita frugalissima: pane, acqua, legumi e un poco di carne nelle feste; sotto i solenni abiti cardinalizi vestiva come un pezzente, con abiti logori e pieni di toppe, che il segretario gli doveva cambiare di nascosto quando erano troppo logori. Perché le due povere vedove rinunciano al poco che possedevano?
Perché S. Carlo rinuncia alle sue fortune per vivere come un pezzente e lavorare come uno schiavo? Simili condotte sono incomprensibili per il mondo in cui viviamo. La risposta si può dare in poche parole, ma esse hanno bisogno di essere meditate e lasciate penetrare nel profondo dell’anima per comprendere. Le vedove e San Carlo rinunciano a tutto perché hanno capito che la vita è dono e solo donandola essa si arricchisce. Le due povere donne con il dono delle loro poche cose, San Carlo con il dono delle sue grandi ricchezze donano tutto di sé stessi a Dio, non il superfluo, ciò a cui si può rinunciare, conservando delle sicurezze, ma si mettono completamente nelle mani di Dio. Hanno capito una verità importante della vita: le cose del mondo non ci sottraggono alla morte, possono solo distrarci piacevolmente nella sua attesa, ma quando essa arriva inghiotte tutto, come la piena di un fiume. C’è un solo modo per vincerla, e cioè sfidarla con il dono di sé. Chi si dona e mette tutto in gioco si espone al rischio della morte, perché rinuncia alle sicurezze, ma così facendo genera una vita più grande, esattamente come il chicco di grano che morendo genera la spiga piena di chicchi. La vedova di Sarepta dando le sue poche provviste fu salvata fino alla fine della carestia, San Carlo Borromeo dando le sue ricchezze e il suo lavoro ha portato vita, gioia, speranza e consolazione al popolo della sua diocesi. Ci testimoniano che il dono di sé è sempre la forma di investimento più fruttuosa, che non porta solo beni che passano, ma la vita eterna. Il grande esempio di San Carlo Borromeo ci sproni a non avere paura delle scelte radicali e impegnative, delle rinunce piccole o grandi, quando ci mettiamo nelle mani di Dio non verremo delusi e riceveremo, come dice lo stesso Signore, il centuplo di quello a cui abbiamo rinunciato.

Don Stefano e Don Umberto